L’intuizione di Jean Philippe Rameau

Biografia

 

 

Jean Philippe Rameau (1683-1764), l’innovatore della musica del 1700, fu uno dei musicisti più rappresentativi del Grand Siècle francese: geniale teorico, compositore, clavicembalista ed organista francese, ci ha lasciato molti tesori musicali, grazie ad un enorme ed accurato lavoro che gli permise di esprimere al meglio le proprie grandissime doti, nonostante in lui la vocazione per la musica sia stata decisamente tardiva.

Nel 1745 Rameau si vide assegnare il posto di compositeur du Cabinet du Roi: ma prima di giungere a queste straordinarie vette egli dovette percorrere una strada tutta in salita, prima come violinista indipendente e poi come organista in diverse chiese della provincia francese, arrivando finalmente a Parigi a 40 anni. Rameau riuscì a far coesistere nella sua produzione una grandissima, audace ed innovativa tecnica compositiva con la passione e la tenerezza, dando vita – come affermò lui stesso – a una «musica che esprime con sincera immediatezza il linguaggio del cuore».

Di questo grandissimo compositore ci sono pervenute circa 60 lavori per tastiera, divisi secondo la tonalità in cinque suites, che comprendono sia raffinate danze di corte, che brani dal carattere descrittivo, vere e proprie gemme musicali, che testimoniano il suo grande talento di miniaturista.

Nato a Digione nel 1683 (dunque contemporaneo di Bach), maggiore di otto fratelli, fu allievo del padre, organista nella città natale, fece mediocri studi letterari, poi a 19 anni decise di dedicarsi alla musica e partì per stabilirsi a Milano all’inizio del 1700. Nella città lombarda egli si impegnò a fondo nello studio della musica italiana, poi tornò in Francia, e per un po’ condusse una vita errante, lavorò come organista a Lione, Avignone, e a Clermont-Ferrand.

Rameau in quel periodo avere una grande lucidità di intenti: voleva lasciare quell’impiego per andare a Parigi, ed escogitò un vero e proprio tranello per concretizzare il suo desiderio: infatti si racconta che, sapendo che i canonici della cattedrale di Clermont non volevano affatto scioglierlo dal suo impegno (che sarebbe dovuto durare ancora diversi anni), suonando l’organo durante una funzione solenne combinò i più strani e grotteschi sviluppi di note, le più stridenti dissonanze e stonature, tanto da straziare le orecchie dei presenti. I canonici, e quanti altri lo udirono, lo credettero improvvisamente impazzito e lo cacciarono via, proprio come egli voleva.

L’arrivo a Parigi, avvenuto così nel 1706, fu determinante. I suoi studi di teoria musicale, iniziati durante la permanenza a Clermont, continuarono alacremente, ed egli pubblicò il suo celebre “Traitè dè l’harmonie redite à ses principes naturels”, un trattato teorico che costituiva un vero azzardo, in quanto era ancora uno sconosciuto al mondo musicale di allora ed aveva al suo attivo soltanto uno scarso numero di composizioni per clavicembalo.

Ma il libro fu un grande successo, molti compositori lo trovarono ricco di teorie e di spunti validi ed interessanti: questo lo incoraggiò molto, e segnò l’avvio di un periodo nuovo, molto significativo per la sua carriera e per la sua maturazione artistica. Egli divenne organista in diverse chiese, pubblicò le sue cantate ed un certo numero di saggi, e conquistò definitivamente la fama di grande e apprezzato teorico e strumentista.

 

 

Il Lavoro Innovativo Del Compositore

 

 

Rameau lavorò moltissimo in quegli anni, e fu soprattutto grazie alla sua musica che l’opera francese entrò nella sua fase più gloriosa. Egli giunse all’opera tardi, più tardi di ogni altro compositore di opere: il fatto che egli non prese a comporre musica per il teatro prima dei cinquant’anni spiega perché la sua prima opera,  “ Hippolyte et Aricie ” – del 1733, cui egli si dedicò con cura e pazienza infinite – sollevò un vero scandalo, in quanto la ricchezza armonica del suo linguaggio era tutta nuova, ed urtò l’orecchio dei francesi che  erano ancora legati a schemi tradizionalisti. Le critiche furono piuttosto pesanti, Rameau fu malevolmente definito “un distillatore di accordi barocchi”, ma la sua opera non vide arresti, ed egli continuò a sostenere la validità del proprio sistema armonico, arrivando a fondare una propria scuola di composizione, che portava avanti un discorso stilistico profondamente innovatore. Dal 1735 al 1739 videro la luce altre opere teatrali, e nel 1737 il volume “Generazione armonica” o “Trattato di musica teorica e pratica”.

Conquistato infine il posto di “Compositeur du Cabinet du Roi”, egli lavorò alla corte di re Luigi XV, dal 1745 in poi, e fu presto riconosciuto come un vero genio dell’opera francese. Nelle sue opere egli sostenne la tradizione del suo predecessore Lully, senza però essere un suo “pedestre copista”, come lui stesso affermò, e riempì il teatro musicale di armonie nuove e di innovativi effetti scenici. Rameau realizzò lavori teatrali travolgenti con scene traboccanti di pathos umano, mai viste fino ad allora. Il suo lavoro fu duro e sempre osteggiato, addirittura ci fu una reazione del pubblico che si schierò in due fazioni, i “lullisti” e i “ramisti”, ossia i suoi contestatori ed i suoi sostenitori, una polemica che andò avanti per diverso tempo, aggiungendosi alla più famosa “Querelle des buffons”, una ulteriore diatriba che portava avanti la differenza fra la musica italiana e quella francese ed il loro valore artistico, che durò in Europa dal 1752 al 1754, nella quale Rameau si schierò fortemente contro i sostenitori della musica italiana, addirittura indirizzando contro Rousseau – che amava moltissimo il melodramma italiano pur essendo francese – lo scritto “Osservazioni sul nostro istinto per la musica” (1754).

Con il suo magnifico senso del colore Rameau curò la strumentazione delle sue opere con abilità maggiore di qualsiasi contemporaneo. Egli concepì le sue Sinfonie ed Ouvertures come grandiosi “paesaggi musicali” e come rappresentazioni di eventi legati agli elementi (tempeste di mare, terremoti), momenti musicali che non si limitano ad introdurre l’opera ma che la accompagnano senza interruzione. Cantanti e critici sollevarono obiezioni per il ruolo soverchiante degli strumenti, e addirittura Rousseau ridicolizzò questo nuovo modo di far musica, dicendo che nelle opere di Rameau la voce si limitava a formare “l’accompagnamento dell’accompagnamento”, ma si trattava di una polemica inesatta ed ingiusta, che venne ben presto clamorosamente smentita.

All’improvviso, quando ormai si considerava un artista incompreso, qualcosa iniziò a cambiare, e per Rameau questo significò il grande successo: data la profonda evoluzione che era avvenuta nel gusto del pubblico (finalmente), e placate le polemiche, la sua musica fu accolta con grande entusiasmo, e le sue composizioni ebbero così tanto successo da portare la sua popolarità alle stelle. Rameau divenne un personaggio di spicco del suo tempo, anche se molti gli rimasero ostili per diverso tempo: infatti – nonostante il successo – egli fu definito dalle cronache dell’epoca come “un uomo di cultura mediocre, sprovvisto di ogni spirito di società, di umore sgradevole e sordidamente avaro, di maniere assai brusche e terribilmente collerico”; parole oggi incredibili, ma per nostra fortuna le sue opere e i suoi studi e trattati teorici passarono alla storia, per cui manchevolezze e difetti furono presto dimenticati.

Negli ultimi anni della sua vita egli si limitò a comporre pastorali e balletti destinati alle rappresentazioni di corte, ma la parte più significativa della sua vasta produzione musicale è costituita dai suoi 33 lavori teatrali in cui egli rivela in pieno il suo genio drammatico e le sue doti di innovatore: i tratti fondamentali della sua concezione drammatica si riassumono in un declamato lirico, flessibile e pieno di espressività (assai più vario ed innovativo rispetto a quello del suo predecessore Lully), che preannuncia Gluck e la riforma del melodramma; egli conferiva un valore espressivo ed una carica emotiva persino alle danze e ai “divertissements”, che così perdevano il loro carattere puramente decorativo per inserirsi nell’azione con un vero significato drammatico.

Nel campo strumentale egli introdusse il principio dell’armonia orchestrale, l’uso delle doppie corde e del pizzicato nella scrittura per gli archi; la sua produzione clavicembalistica conta cinque grandi raccolte, e di grande ricchezza sonora sono i suoi mottetti, che utilizzano la forma fugata, importante e significativa per tutta la musica dell’epoca e per l’avvenire

 

 

 

La Teoria degli Armonici

 

 

Il compositore francese Jean-Philippe Rameau, con estrema coerenza, scelse gli armonici naturali del corps sonore come fondamento del suo sistema armonico, che conobbe un grande prestigio e sostegno fra molti scienziati dell’Académie e fra i philosophes. D’Alembert in particolare divenne uno dei più accesi difensori di Rameau, sebbene in seguito questi fosse caduto in disgrazia, e si prodigò per diffondere le sue teorie armoniche redigendone un riassunto, pubblicato nel 1752, che riscosse notevole successo. Nella teoria di Rameau, la fondamentale della corda vibrante costituiva l’origine delle varie armoniche da essa generate, il che permetteva allo stesso Rameau di modellare la successione temporale dei fondamentali degli accordi in una composizione musicale utilizzando un “basso fondamentale” fittizio. 
Inoltre, la relazione fra la pratica della musica tonale e il fenomeno acustico delle armoniche superiori costituì l’oggetto di un contenzioso che si protrasse per tutto il XVIII secolo. Per esempio, Daniel Bernoulli osservò che alcuni sistemi vibranti (come le campane o le sbarre metalliche) possono emettere armoniche superiori discordanti quando vengono colpite, indebolendo quindi la pretesa ontologica per cui il corps sonore di Rameau era all’origine delle proporzioni armoniche nella musica. In seguito, Riccati e Ernst Florens Friedrich Chladni (1756-1827) confermarono le osservazioni di Bernoulli; il secondo con esperimenti sistematici condotti con lamine vibranti. Inoltre, Rameau fu costretto a tracciare una linea arbitraria in corrispondenza del sesto armonico del suo corps sonore, altrimenti il settimo armonico dissonante (che corrisponde approssimativamente a una settima minore molto diminuita) avrebbe alterato la stabilità consonante dei primi sei. Mentre numerosi scienziati ‒fra i quali Euler, Chladni e Matthew Young (1750-1800) ‒ritenevano che questo settimo armonico potesse servire da base per un sistema di accordatura corretto, molti teorici della musica ‒con le notevoli eccezioni di Giuseppe Tartini (1692-1770) e Johann Philipp Kirnberger (1721-1783) ‒ritenevano che l’intervallo in questione fosse troppo diminuito per avere qualsivoglia valore a livello musicale. 
Infine, bisognava risolvere il problema della triade minore. Dato che la musica tonale occidentale si fonda su due triadi consonanti di base, quella maggiore e quella minore, e che la serie delle armoniche superiori genera esclusivamente la triade maggiore, Rameau ebbe l’idea di cercare una serie ‘aritmetica’ reciproca nelle subarmoniche di una corda vibrante. Egli fu aiutato in questa ricerca da un altro accademico, Jean-Jacques Dortous de Mairan (1678-1771), il quale aveva tentato di spiegare la propagazione del suono in analogia con la teoria corpuscolare della trasmissione della luce di Newton. Secondo Mairan, se si concepisce l’aria come unmedium composto da numerosi minuscoli corpuscoli di forma differente, ciascuno dei quali vibra a una frequenza distinta, è possibile spiegare le armoniche superiori e la serie aritmetica delle subarmoniche come conseguenze naturali di una risonanza simpatetica. Sebbene nel 1737 Rameau si appoggiasse alle idee di Mairan per affermare che anche la triade minore era generata naturalmente, come la triade maggiore, d’Alembert riuscì a confutare in maniera definitiva il lavoro di Mairan in numerosi articoli apparsi sull’Encyclopédie. Rameau fu perciò obbligato a ricorrere all’analogia e all’inferenza per spiegare il ruolo della triade minore nella pratica compositiva. 
Sebbene la teoria musicale del XVIII sec. riservasse, com’è intuibile, un ruolo preminente alla serie delle armoniche superiori, anche altri fenomeni acustici allora oggetto d’indagine ebbero applicazioni in quest’ambito. Per esempio, Jean-Baptiste Romieu (1723-1766), membro dell’Académie des Sciences di Montpellier, pubblicò nel 1751 uno studio pionieristico sui “suoni di combinazione” (o “suoni di differenza”) dimostrando che un terzo suono risultante in proporzione armonica poteva essere udito al di sotto di intervalli suonati secondo determinati rapporti. Anche se l’esistenza empirica di queste combinazioni di suoni era nota già da lungo tempo a molti musicisti, il celebre violinista Tartini fu l’unico a utilizzare il fenomeno del “terzo suono” come fondamento acustico della sua teoria, che egli contrappose alcorps sonore di Rameau.

 

 

L’intuizione iniziale –  Dal Trattato di armonia ridotto ai principi Naturali

 

L’intuizione iniziale di Rameau, espressa nel trattato di armonia ridotto ai principi naturali del 1722, è che il principio dell’armonia è dentro la natura del suono ( cioè l’oggetto principale della musica ).

L’armonia è stata concepita e progettata come un discorso musicale perché è stato già da prima sentito.

Infatti, il suono, è lui stesso in un combinatorio armonico: un suono che solo noi crediamo di essere l’unico è invece un organo complesso composto da un tono base e dai i suoi accessori chiamati anche suoni armonici e sono in relazione armonica con lui. E’ la complessa forma armonica chiamata “ triade armonica “ cioè il suono unico in qualsiasi corpo porta sempre con ancora la stessa ottava, quinta e lo stesso terzo di cui l’armonia è formata, quindi possiamo dire che il suono è il triplo della sua natura ( una sorta di tre diversi suoni che risuonano insieme).

Credere di sentire un solo quando invece ne distinguiamo tre diversi, realizzarne solo uno anche se la coscienza è tripla ed è questa proprio la prima meraviglia presenta alla nostra ragione.

Pertanto, l’armonia, prima di essere pensata è principalmente una realtà naturale. Prima di essere un’idea è una realtà fisica trasmessa direttamente ai sensi.

 

 

L’esperienza Armonica

 

Ascoltando un suono ogni essere fa pertanto un’esperienza armonica, che Rameau chiama il “ sentimento armonico “. Questa esperienza non è solo estetica, lei è metafisica: ogni suono ha infatti in se una profonda verità, suona come unico perché un multiplo. Nella manifestazione del suono, il multiplo è l’innagurazione dell’unico. In oltre come una cellula il suono cresce dividendosi: il terzo e il quinto, per esempio sono il terzo e il quinto della fondamentale. A prescindere dalle caratteristiche del suo sviluppo, il suono resta dunque nella sua unità fondamentale esprimendosi dunque così: Il suono manifesta l’individibilità della sua unità.

Pertanto, sentendo un suono unico che è l’espressione di una triade che non lascia mai l’indivisibilità della sua unità, ogni essere fa un’esperienza armonica e un’esperienza metafisica unica. Questa esperienza uditiva gli fornisce in maniera spontanea la comprensione metafisica più elevata del suono anche se in realtà, lui non prende coscienza.

 

 

Il sentimento Armonico

 

L’esperienza armonica non è un’esperienza intellettuale astratta, è un’esperienza umana, concreta, che viene vissuta dagli esseri anche prima della nascita.

Mentre è solo feto nel grembo di sua madre, l’essere appena formato si sveglia velocemente nell’udire il suono della voce di sua madre.

Parlando con il suo bambino la madre gli trasmette la modalità del suono sintetico e tutti i segreti dell’amore, ma non il significato esplicito. Cosa gli dice quindi sua Madre? Le Verità più alte in modo concreto: Tu sei me, la mia carne, due, ma non siamo due ma io e te siamo sommati dalla stessa origine, diversi ma allo stesso tempo identici.

Il Feto, che non è nemmeno consapevole di se stesso, non sa cosa significa pensare, ma capta in maniera intuitiva la risonanza di questa verità, perché questa verità passa in modo sensibile dal canale del suono, e il suono è il veicolo fisico della coscienza, il mezzo di connessione tra il mondo sensibile e il mondo intelligibile, che da vita ai sentimenti e ai pensieri.

Il senso Armonico è soprattutto l’esperienza umana dell’amore che ci fornisce la gioia di sentire e il mistero della singolarità dell’essere.

 

 

La Nostalgia Armonica

 

L’esperienza Armonica è un avvenimento metafisico essenziale nel percorso di ogni uomo, una vera e propria e propria iniziazione di cui ognuno ne tiene traccia. Questo è un grande evento che determinerà tutta la sua vita; lui ha assorbito, sperimentato e avvolto tutto senza avere distintamente coscienza. Ora la sfida della sua vita sarà quella di realizzare cosciamente questa verità.

Alla nascita, l’essere porta in se la verità, come sepolto nel profondo se stesso, più come nostalgia che come memoria precisa.

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