Psicologia della musica

L’importanza di una scienza può essere valutata in parte anche in base alla rilevanza pratica delle questioni che essa pone. 

Sotto la denominazione <psicologia della musica applicata > devono essere trattati, accanto alla terapia musicale, anzitutto fenomeni come la musica in fabbrica, in pubblicità e varie manifestazioni dell’industria del divertimento. 

1 – Le prime forme della psicologia applicata (allora detta psicotecnica), che erano scaturite da un’esigenza di razionalizzazione, presupponevano un’immagine dell’uomo orientata verso la funzionalità, in particolare verso l’adattamento dell’uomo ai processi lavorativi. Il capovolgimento di questo rapporto e la possibilità della riproduzione tecnica hanno creato le condizioni per l’impiego della musica come strumento di organizzazione del luogo di lavoro. La combinazione di musica e lavoro non costituisce in sé e per sé una novità, e tutti i fattori che si evidenziano nei canti di lavoro, cioè la funzione di stimolo fisiologico, gli elementi che agiscono sulla motivazione e il carattere ricreativo, appaiono anche nell’applicazione della musica in fabbrica.

La musica ha un effetto fisiologico; Su questo effetto influiscono certi fattori musicali: ritmi fortemente accentuati, elevate intensità sonore sono assai efficaci, ma vi sono implicate anche le condizioni dell’ascoltatore. Fra queste la dimestichezza con un certo stile musicale, che determina un aumento dell’attività, solleva un particolare problema. Evidentemente un uso pratico della musica può avere 

senso soltanto se questa, che deve avere la funzione di uno stimolo fisiologico, viene indirizzata a coloro che possiedono una certa abitudine musicale. 

La musica ha il compito di occupare, come un riempitivo, i risultati ottenuti negli ultimi anni non indicano alcun cambiamento nel rendimento, sebbene la musica, nel corso di un lavoro noioso, venga sentita come piacevole; al contrario, i compiti che richiedono concentrazione non soltanto non vengono influenzati negativamente, ma nelle persone più giovani vengono addirittura stimolati. Anche se si devono registrare grandi dispersioni individuali dovute alle differenti preferenze.

2- La musica in fabbrica provoca disagio estetico e morale, un disagio non certo mitigato dalla considerazione che essa altro non è se non il sintomo di un’epoca che è pronta a sacrificare senza alcun rincrescimento l’arte al comodo ciarpame, quanto musica serve alla diffusione di messaggi pubblicitari.

Raramente la pubblicità è soltanto informazione, piuttosto essa ha il compito di dare della merce l’immagine più positiva possibile, facendo quindi apparire la concorrenza inferiore. Se le lodi di un articolo sono accompagnate da musica beat, esse si rivolgeranno più a un seguace di questa musica che ad un amante di quella barocca. 

Per mezzo della pubblicità viene suggerito qualcosa che non è strettamente connesso con l’oggetto, ma che risponde a esigenze di ricchezza, prestigio, lusso, superiorità, potenza sessuale:

la confezione musicale della pubblicità corrisponde al principio di costanza, sebbene questo principio presenti lati pericolosi proprio in campo acustico, e sempre ripetuto e uguale.

Una scena non viene mai trasmessa senza l’accompagnamento di un sottofondo sonoro; questo è reso necessario dal mezzo di comunicazione che si rivolge a organi sensoriali diversi. Ad esempio delle musiche orientali richiamano atmosfere di viaggi.

A volte può capitare che la musica divenga etichetta di una merce, dopo un certo tempo essa viene comunque collegata con un altro avvenimento, sempre diverso, che si svolge sul teleschermo. Nella musica da film la tecnica del motivo di richiamo, che è paragonabile a quella del motivo-sigla, mira alla coesione fra immagine e musica.

3 – È indiscutibile che la musica possieda una notevole influenza sulle emozioni. Per questo motivo una completa misurabilità degli effetti della musica è per il momento ancora esclusa, in quanto essa passa dagli effetti fisiologici delle emozioni alla verbalizzazione, mandando a noi il segnale di quello che è incomunicabile in comunicabile.

Al contrario, l’impiego della musica per scopi terapeutici poggia su fondamenti ancora non troppo saldi. In stretta connessione con usanze rituali, fin dall’antichità la musica è stata usata come strumento per la cura delle malattie; la sua utilizzazione in psichiatria è più programmata, il suo effetto fisiologico, che favorisce una riattivazione delle funzioni, la rende particolarmente adatta al trattamento delle persone apatiche e depresse. D’altra parte, la sua caratteristica di mezzo di comunicazione non verbale, viene sfruttata quando i rapporti interpersonali sono disturbati. 

ll principio di Altshuler consiste nel porre i pazienti prima davanti ad una musica che corrisponda al loro stato d’animo usuale (ai depressi verrà quindi presentata una musica lenta, triste) e in seguito nel far ascoltare loro musica di tipo esattamente opposto, per dimetterli infine dopo con musica intermezza tra le due.

Di natura fondamentalmente diversa è l’impiego della musica a scopo di terapia per mezzo dell’attività, come viene praticata in diverse cliniche con gruppi di canto di improvvisazione: in quest’ultimo caso ci si serve spesso dell’opera didattica di Orff. Questo tipo di terapia ha molti elementi comuni con i principi della ginnastica ritmica, in cui gli aspetti più specificamente musicali passano in secondo piano. La possibilità di interagire con altre persone in un ambiente sereno, privo di tensioni, non competitivo, non deve essere sottovalutata: spesso la pura e semplice presa di contatto con altre persone è già un fatto positivo, perché è il presupposto dell’adattamento agli altri che a sua volta è un fattore di elevazione della stima di se stessi. 

Tuttavia non è possibile prevedere in che misura la terapia musicale, nel quadro della cura delle malattie, in particolare di quelle mentali, svolgerà una funzione maggiore di quella che ha avuto fino a questo momento. 

4-  Un’analisi che si valga di argomentazioni musicali può avere successo solo nel caso di alcuni film sperimentali privi di intreccio; la musica da film senza tener conto della sua funzione. Intendo la sua funzione psicologica, cioè l’influenza che essa deve avere sullo spettatore. 

Quella che viene definita “analisi interna all’opere” fallisce anche quando si occupa degli altri prodotti dell’industria del divertimento.  Esistono trattazioni sulle canzonette di successo che tentano di svelare le tecniche compositive, ma la loro utilità è stata giustamente posta in dubbio. La dimostrazione che vi appaiono determinati attributi musicali, siano salti di sesta o cadenze d’inganno, non porta a nulla, e non solo se consideriamo che queste caratteristiche contrassegnano anche la musica artistica: il fatto è che tali designazioni non riescono a cogliere il loro oggetto. 

Delle innumerevoli canzoni che vengono composte, solo l’1% arriva al successo. Questo successo non sta esclusivamente nelle mani dei magnati della pubblicità, ma non può essere spiegato neppure da un punto di vista puramente formale, in base ai testi e alle musiche. La canzone destinata a divenire un successo deve tenere saldamente in pugno il pubblico cui si rivolge con la segreta promessa di fungerne in qualche modo da appagatrice di desideri, anche se può fare solo da surrogato di una soddisfazione a sua volta surrogatoria.

 

N.B. Ispirato a De La Motte, trattato sulla psicologia della musica

 

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